di Elena Nascimbene
Il dubbio del protagonista del film della regista francese Carine Tardieu è uno di quelli capaci di sconvolgere una vita. Il dubbio è di chi sono figlio io? Chi è il mio vero padre?
Erwan, vedovo quarantenne bretone che sta per diventare nonno in quanto la sua giovanissima figlia single è incinta, scopre che il proprio vero padre non è l’uomo che lo ha cresciuto.
Inizia così un viaggio tra sogno e realtà alla ricerca delle proprie origini. E’ un viaggio che richiede coraggio, che rimescola le carte, che mette tutto sottosopra. E, come in molti viaggi, la nota costante è una sorta di spaesamento.
“Sta scherzando?” domanda Erwan, un bravissimo François Damiens, al medico che gli rivela i risultati di un esame del DNA fatto per ragioni prudenziali e senza il minimo sospetto al riguardo. No, il medico non sta scherzando. L’esame è chiarissimo. L’uomo che lo ha cresciuto come padre per quarant’anni non è il padre biologico di Erwan.
La vicenda, raccontata così, potrebbe avere le tinte della tragedia greca ed Erwan vestire i panni di una sorta di Edipo. Ma qui la leggerezza della mano della regista imprime una svolta. Intanto la colonna sonora ha l’ariosità mozartiana del flauto magico e ci accompagna per tutto il film.
Erwan si mette sulle tracce del padre che lo ha generato e quando lo trova tra i due si crea immediatamente un rapporto di profonda complicità. C’è molta emozione e commozione in questa nuova relazione insieme alla sorpresa e alla creazione di nuovi legami che affondano in un passato che era lì e chiedeva solo di essere svelato.
Eppure, in questa scoperta c’è tutta l’attenzione per non ferire il padre che lo ha allevato e al quale Erwan è legato da profondo affetto.
Si possono avere due padri? E’ questa la domanda che sembrerebbe emergere a un certo punto della narrazione. Sì, si può, se il pudore, la gentilezza e la generosità fanno posto al ricostituirsi di nuovi equilibri e trasformazioni impensabili nella vita di ciascuno.
E’ così che il viaggio di Erwan alla ricerca del padre e inevitabilmente dentro se stesso lo porta a ritrovare una nuova e più profonda capacità di amare.